La storia di Davide Franconeri a The Coach è cominciata nella seconda edizione, quando è stato tra i coach in gara, insieme ad alcuni suoi allievi della sua scuola di ballo. Dopo avere trionfato come insegnante, Davide ha avuto la possibilità di essere inserito, dato il premio in palio, tra i giudici del programma.
“Credo che The Coach sia speciale proprio perché non gli manca niente. I coach e gli artisti non sono un numero, ma vengono tutti tutelati e rispettati come persone. Per questo, il ringraziamento va a Luca Garavelli, Marco Zarotti e alla bravissima conduttrice Agata Reale”.
Una passione per il ballo che dura da sempre, anche se ha cominciato a praticarla quando aveva soltanto 17 anni.
“Mi è stata trasmessa la passione dai genitori, che facevano corsi di balli caraibici con salsa e bachata. Nonostante i pregiudizi iniziali, in quanto maschio che ballava, la danza è diventata la mia vita, la mia passione, il mio lavoro. E’ già dieci anni che insegno, ho aperto persino la mia scuola. Faccio tutt’ora le competizioni a livello internazionale, oltre ad essere un insegnante”.
In seguito al percorso come concorrente tra i coach, che gli ha permesso di crescere anche grazie alle prove costanti a cui veniva sottoposto, Franconeri ha esordito, per questa terza edizione, nel ruolo di giudice, con delle responsabilità del tutto differenti rispetto allo scorso anno.
“Da giurato, ho avuto al fianco gente con grande esperienza come Maura Paparo, Massimiliano Varrese, Bianca Atzei, Meriam Jane. Mi sono sentito all’inizio un pesce fuor d’acqua, ma sono riuscito pian piano a calarmi nel mio ruolo, pur sentendomi in difficoltà quando, in diverse occasioni, io e miei colleghi siamo stati costretti, per via delle regole, a mandare la gente a casa. Ogni volta che pronunciavo un no, mi venivano in mente i sacrifici fatti da ciascun concorrente, fondamentalmente perché sono stato io il primo a viverli sulla mia pelle. Tutti i no, ad ogni modo, li abbiamo pronunciati affinché servissero come tesoro per il futuro”.
Un ruolo, quello da giudice, che gli ha fatto scoprire maggiormente i produttori e i conduttori del programma.
“Luca, Marco e Agata, all’inizio, ti mettono alla prova, com’è giusto che sia, per tirare fuori il carattere. Mi hanno sempre fatto capire che nessuno dei concorrenti, per loro, era un numero. Ti scavano dentro, l’esperienza a The Coach è davvero entusiasmante e ti migliora sia a livello professionale, sia a livello umano. Ammiro e stimo il loro lavoro”.
Il bilancio del suo passaggio a The Coach come giurato è dunque assolutamente positivo.
“Quando sei coach non ti rendi conto di tante cose; tendi ad attaccare la giuria perché ci hai lavorato tanto con un determinato concorrente, conosci il suo talento anche se non fa una performance buona e non riesci a scindere dalla singola esibizione di quel momento. In giuria, al contrario, mi sono reso conto che il ruolo era completamente diverso. Non conoscevo nessun concorrente e l’impatto con loro era differente. Ho giudicato davvero soltanto quel minuto e quaranta offerto dall’artista”.